Presentato il Rapporto “Mete 2024” dell’Osservatorio regionale delle migrazioni
Secondo i dati diffusi ieri dal Crei Acli con il Rapporto “Mete 2024” dell’Osservatorio regionale delle migrazioni, la Sardegna si conferma all’ultimo posto in Italia per fecondità con un indice di 0,91 (meno di un figlio per donna) contro la media nazionale pari a 1,20 ed è la seconda regione d’Italia per variazione percentuale annua negativa della popolazione, con una riduzione dello 0,53%, seconda soltanto alla Basilicata. È stata confermata una tendenza ormai radicata e, come di consueto, si è cercato di trovare una spiegazione e proporre alcune soluzioni ai decisori politici.
Secondo il Crei Acli «La Sardegna necessita di un’efficace politica di sostegno alle nascite, che non può esaurirsi in un contributo dato a posteriori per un dato numero di anni», ha esordito Mauro Carta, presidente del Crei. «Andrebbero introdotte concrete misure di sostegno alla genitorialità e alle famiglie, per il miglioramento dell’equilibrio tra vita professionale e lavorativa. Tali misure dovrebbero essere strutturali, ovvero che offrano un orizzonte di medio periodo ai futuri genitori e soprattutto alle future mamme. Occorre sfruttare il trend positivo del ritorno dei cittadini stranieri, offrendo soluzioni affinché possano stabilirsi nell’Isola. Tuttavia, è necessario attuare misure che attraggano famiglie con figli o persone giovani che vogliano costruirsi una famiglia in Sardegna. Le diverse comunità straniere hanno caratteristiche ed esigenze diverse: ecco perché si avverte la necessità di una varietà di iniziative e politiche mirate a rispondere efficacemente ai bisogni delle differenti comunità, che possono essere fatte conoscere e promosse anche attraverso il coinvolgimento delle comunità sarde e dei circoli sardi all’estero.
Il tema delle abitazioni è uno dei nodi cruciali, sia per ridurre l’emigrazione universitaria che per la permanenza di stranieri e migranti, la quale deve essere affrontata insieme al tema dei servizi e delle infrastrutture per permettere non solo la generica permanenza nell’Isola ma anche la possibilità di tornare ad abitare nei Comuni più piccoli della Sardegna, con misure che riescano ad incidere concretamente sul recupero degli immobili abbandonati e sulle possibilità di generare reddito dei residenti attuali. Riportare nell’Isola i giovani che l’hanno abbandonata per studiare e che non sono più tornati indietro, ma anche diventare un polo di attrazione per studenti provenienti dall’estero, con opportune misure di incentivo, e per giovani laureati con forti competenze in quegli ambiti essenziali per lo sviluppo sociale ed economico della Sardegna: vivere in Sardegna deve diventare vantaggioso dal punto di vista professionale del singolo e anche per le famiglie.
Infine, le forti disparità nelle disponibilità economiche tra le diverse aree e i diversi centri della Sardegna indicano che è necessario investire in tutte le misure materiali ed immateriali che possono agevolare la creazione d’impresa e sviluppo economico anche nei centri che non sono caratterizzati dagli elementi già emersi come traino del dato economico».
Per quanto riguarda gli stranieri, il 21% dei presenti in Sardegna nel 2023 è arrivato dall’area comunitaria, il 13% da Paesi europei extra Ue e il 66% da altri continenti. Solo cinque nazionalità superano i duemila residenti e insieme rappresentano il 50% del totale. La collettività più numerosa è quella dei rumeni (11.313, di cui il 70% di sesso femminile), in linea con i dati delle altre regioni. La seconda comunità più rappresentata è quella senegalese con 4.289 presenze. I marocchini sono 3.982 e si collocano al terzo posto seguiti dai cinesi (3.253) e dagli ucraini (2.885 unità), la cui presenza nell’Isola è aumentata costantemente negli ultimi 20 anni, soprattutto a causa della guerra.
Le collettività africane registrano una presenza pari al 26%, dunque in leggero calo rispetto all’anno scorso. Tra gli asiatici, cinesi e filippini si confermano le comunità con la presenza numerica più rilevante. In tutte le province, ad eccezione della Città metropolitana di Cagliari, la comunità più numerosa è quella dei rumeni. Al contrario, in quest’ultima, gli stranieri più numerosi sono i filippini seguiti da ucraini e senegalesi.
La maggior parte degli stranieri presenti in Sardegna è donna (53,7%). Negli ultimi anni si è registrata una costante presenza di studenti marocchini che acquisiscono la laurea specialistica o magistrale negli atenei isolani, grazie ad uno specifico progetto di scambio. Una curiosità: la presenza dei tedeschi è aumentata del 5%. In crescita anche le comunità bengalese e pakistana, che però lamentano i maggiori problemi di integrazione in quanto parlano esclusivamente la propria lingua.
«Da alcuni anni stiamo incentivando misure che facilitano la creazione di imprese: abbiamo registrato un +4% circa, che però è poco rispetto alle media nazionale del +7%», ha precisato Marco Sechi, referente per l’Immigrazione dell’assessorato regionale del Lavoro. «Abbiamo pubblicato alcuni Avvisi (uno scadrà nei prossimi giorni) dedicati ai giovani, facendo tesoro dei punti di debolezza dei precedenti periodi di programmazione. Spesso non è un problema di risorse, semmai bisogna legare le competenze dei giovani alle esigenze di territori e imprese: ecco perché stiamo coinvolgendo le Associazioni di categoria».
Per maggiori informazioni consulta la news sul sito Crei Acli Sardegna;