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"Valorizzazione delle rimesse dei migranti: modelli a confronto" a cura di CeSPI e Deloitte Consulting

Con l’approvazione nel settembre 2015 dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, la comunità internazionale ha riaffermato la necessità di perseguire una strategia “universale” per lo sviluppo, basata su un set di obiettivi misurabili (i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile - SDGs) e ha proposto un nuovo paradigma di sviluppo che si fonda su un approccio integrato, dove le varie dimensioni - economiche, sociali ed ambientali sono considerate in egual misura fondamentali per garantire la sostenibilità di un modello di crescita economica inclusiva e duratura.

È all’interno di questo nuovo approccio che viene riconosciuto il ruolo fondamentale della finanza pubblica, domestica e internazionale, nel fornire servizi essenziali e beni pubblici e nel catalizzare altre fonti di finanziamento, valorizzando il ruolo del settore privato e in generale di tutti gli stakeholder dello sviluppo.

Lo sviluppo finanziario viene considerato un elemento essenziale per la valorizzazione del risparmio e
l’accumulazione di capitale
, al fine di favorire lo sviluppo economico. Diversi studi empirici suggeriscono,
infatti, che i paesi caratterizzati da un più efficace sistema finanziario (banche e mercati) crescono più
velocemente.

Complementare al rafforzamento della finanza, è la necessità di intensificare la partnership globale,
attraverso delle collaborazioni plurilaterali, per lo sviluppo e la condivisione di conoscenza, competenze, risorse tecnologiche e finanziarie. In altri termini, si incoraggia la mobilitazione dei mezzi necessari facendo leva su più fonti, attraverso partnership efficaci nel settore pubblico, tra pubblico e privato e nella società civile.

Alla luce di tali considerazioni, appare d’interesse lo sviluppo di strumenti finanziari capaci di accrescere la
cultura del risparmio, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, anche attraverso la valorizzazione del risparmio delle diaspore - in entrambe le fasi di raccolta e impiego – presenti nei Paesi avanzati.

Inclusione finanziaria e rimesse dei migranti entrano in modo strutturale negli SGDS e in particolare l’Obiettivo 10.c prevede: entro il 2030, di ridurre a meno del 3 per cento i costi di transazione delle rimesse dei migranti ed eliminare i corridoi di rimesse con costi più alti del 5 per cento. La riduzione dei costi, nelle intenzioni della comunità internazionale, ha infatti lo scopo di liberare risorse destinate ai paesi di ricezione che, come vedremo, se inserite all’interno di un circuito virtuoso in cui è centrale il ruolo dell’inclusione finanziaria, possono generare benefici in termini di sviluppo.

Le rimesse, definite come trasferimento di denaro fra due persone fisiche in due paesi distinti, hanno assunto una rilevanza internazionale sia per dimensione assoluta, sia in relazione agli altri flussi finanziari internazionali. Nonostante la pandemia abbia portato ad una contrazione dei volumi a livello globale, in molti paesi, come l’Italia, le rimesse verso il resto del mondo hanno proseguito il loro percorso di crescita. La valorizzazione di questi ingenti flussi finanziari, attraverso meccanismi e strumenti che consentano di generare processi di sviluppo rappresenta una sfida internazionale a cui anche il G20 ha prestato attenzione.

Il paper, curato da Daniele Frigeri, all’interno del Progetto Futurae, realizzato da Unioncamere e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, affronta il tema della valorizzazione delle rimesse dei migranti, a partire dall’esperienza italiana, individuando nell’inclusione finanziaria una chiave di volta fondamentale e analizzando alcuni modelli di strumenti finanziari attivabili, fra cui i diaspora bond.

Il lavoro costituisce un estratto del Rapporto dell’Osservatorio sull’inclusione Socio-economica e finanziaria delle imprese gestite da migranti in corso di pubblicazione.

Scarica "Valorizzazione delle rimesse dei migranti: modelli a confronto"

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